Quando un uomo by Elena D’Ambrogio

Quando un uomo by Elena D’Ambrogio

autore:Elena D’Ambrogio
La lingua: ita
Format: epub
editore: Cairo
pubblicato: 2017-06-14T16:00:00+00:00


La tribuna

Facciamo uno sforzo di immaginazione e creiamo con la mente una fotografia. Ma non è detto che la stessa foto non esista veramente su qualche ingiallita pagina di giornale o perduta in un polveroso e dimenticato archivio. Sia reale o no, è la foto della tribuna dello Stadio Comunale di Torino, il 28 marzo 1976, giorno in cui il Toro vinse il derby superando di due punti la Juventus in classifica.

In primo piano vediamo Orfeo Pianelli, il presidente della squadra, colui che stava riportando i granata agli antichi splendori dopo la tragedia aerea di Superga avvenuta ventisette anni prima. Tragedia che, come sappiamo tutti molto bene, distruggendo la squadra cittadina – allora reduce da Lisbona dove aveva giocato un’amichevole con il Benfica – aveva eliminato la quasi totalità della Nazionale italiana. Un autentico lutto fra gli appassionati sportivi della città di Torino, nonché un dramma per tutto il calcio nostrano.

Torniamo alla foto. Accanto a Pianelli vediamo Giuseppe Navone, il vicepresidente, gomito a gomito con Diego Novelli, il sindaco della città, vicino al giudice Gian Carlo Caselli, colonna del tribunale impegnato nella lotta contro la violenza politica degli anni di piombo, e a Gianni Agnelli, “l’avvocato”, il padrone della Fiat e della Juventus. La foto immaginaria ovviamente è sfocata: il tempo, anche quello della fantasia, sfuma i contorni. Non vediamo le altre persone che affollano la tribuna. Ma sappiamo che ci sono.

Cos’hanno in comune due imprenditori, un politico del Partito comunista, un amministratore della giustizia, un grande industriale? Una cosa emerge da quel gruppo socialmente scoordinato: la passione sportiva, il tifo per la squadra del cuore, che però non è la stessa per tutto il gruppo. Se invece della staticità di una foto potessimo rivedere come in un film quelle ore del fatidico pomeriggio del 29 febbraio, vedremmo delle persone che nella vita assolvevano con misura e dignità al ruolo che la storia aveva loro affidato, mentre in quei momenti si comportavano quasi come gli scalmanati delle due tipiche curve: la curva Filadelfia e la curva Maratona.

Unica differenza, il linguaggio leggermente più contenuto, come leggermente più contenuto è l’eccesso di foga nella gestualità. Ma lo spirito è allineato con la folla dei tifosi. Mettiamola così: nella tribuna d’onore, le autorità, travolte dalla passione sportiva, hanno mollato ogni ritegno adeguandosi all’area dei “distinti” che hanno di fronte, leggermente più forti di loro in entusiasmo e clamore, non foss’altro per la differenza del numero delle presenze. A destra la curva, comunemente nota con il nome della strada che dà l’accesso a quella parte dello stadio, urla, sbraita e inveisce, ma senza mai raggiungere gli eccessi della curva Maratona. La mitica Maratona è la curva più sanguigna e tumultuosa, facile agli eccessi. È quella degli ultras, terrore degli stadi. Gli ultras granata sono un popolo a sé stante, sono persone che si trasformano, nei novanta minuti della partita, in un unico corpo urlante, spietato contro gli avversari, e oltre ogni ragionevole e struggente trasporto nei confronti della propria squadra. Il dodicesimo uomo in



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